domenica 10 maggio 2009

Heathrow - JFK

Dopo un'atterraggio abbastanza turbolento, i doverosi saluti a zio Conrad e zia Jinny, una sigaretta consumata al volo nella tristissima area fumatori di Gatwick e un viaggio di un'oretta sulle corsie di sinistra dell'autostrada londinese, eccoci finalmente a Heathrow, terminal 5.

Mi perdo nel mare dei cartelli prima di rinunciare all'idea di mangiare qualcosa - non c'era comunque niente di invitante - e di trovare la via per i controlli di sicurezza.

Salgo sul Boeing 747 della British Airlines e una hostess incredibilmente simile a mia madre mi saluta in Inglese, poi ci pensa un po' e dice "Forse faccio prima a dirti ciao".

Ok, ho scritto in fronte made in Italy, pazienza.

L'aereo e' enorme ed il mio posto - manco a dirlo - e' circa a meta', lato finestrino, quasi sull'ala.

Se l'aereo e' enorme non si puo' dire lo stesso dei sedili. Mi siedo con fatica al mio posto ed apro i pacchetti lasciati li' dal personale: un cuscino, colore blu; una coperta di lana, colore viola con righe verdi; cuffie da attaccare al jack posizionato sul bracciolo sinistro; mascherina per gli occhi, colore grigio.

Questa volta i miei due compagni di viaggio non sono cari vecchini britannici.

Il primo ha vent'anni, tre o quattro peli sul mento, i capelli ricci e un passaporto danese. Si chiama Lars e credo abbia detto che va in America a fare kite-surf.
Il secondo e' uno statunitense, la copia esatta dello squilibrato Quentin Tarantino in Dal tramonto all'alba. Muove la testa a scatti, parla da solo ridendo spesso, pronuncia la esse come gatto Silvestro ed ha gli occhi da serial killer.

Gli sorrido senza dire niente. Lui prima ricambia il sorriso, poi mi guarda improvvisamente con odio e, proprio quando penso stia per saltarmi al collo per mordermi, comincia a spiegarmi quanto detesta che Heathrow sia un non-smoking airport. Lui voleva solo la sua cazzo di sigaretta, porca puttana. E ora dovra' aspettare fino a New York.

Fiuu

Forse perche' la paura che Quentin tiri fuori un AK-47 e apra il fuoco sui passeggeri e' piu' forte di quella di volare, forse perche' il Tavor Oro ce l'ho in tasca e funziona da placebo senza bisogno di prenderlo, forse perche' l'aereo e' decisamente piu' stabile del primo, resto immobile e riesco addirittura a godermi il viaggio, osservando l'oceano, sotto il mare di nuvole, e la gara di velocita' tra il sole che cerca di sparire sotto l'enorme linea dell'orizzonte ed il boeing, che la spunta rubandogli altre sei ore di luce.

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